focus

Lontano dalla Terra, vicino all’Universo



A un mese dal lancio dalla base di Kourou, nella Guyana francese, a bordo di un razzo Ariane 5, il telescopio spaziale James Webb ha raggiunto il suo punto di osservazione a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Il telescopio si trova adesso nella zona chiamata “secondo punto di Lagrange”(L2)”, dove l'influenza di Terra, Luna e Sole si equilibrano e ha dato inizio ad una lunga fase di allineamento degli strumenti ottici per poter avviare la sua missione scientifica.

Intitolato a James Webb, secondo amministratore della NASA durante i programmi Gemini, Mercury e Apollo, il JWST (James Webb Space Telescope) rivoluzionerà la conoscenza che abbiamo dell’universo. Il progetto visionario di NASA (National Aeronautics and Space Administraion), ESA (European Space Agency) e CSA (Canadian Space Agency) guarda là dove non arriva neanche l’immaginazione, per svelarci cosa si cela nei remoti abissi dell’universo.

Una missione cruciale, lo studio dell’evoluzione dell’Universo, quella affidata agli specchi, alle lenti e agli spettrografi del JWST, il successore del telescopio Hubble, che da ormai 30 anni raccoglie dati e informazioni preziose sull’intero Universo.

Arp 86 - © ESAHubble and NASA, Dark Energy Survey, J. Dalcanton

L’occhio che osserva l’Universo

Il JWST è stato progettato per rispondere agli interrogativi irrisolti sull’Universo e per effettuare scoperte rivoluzionarie in tutti i campi dell’astronomia. Si tratta di un gioiello di ingegneria e tecnologia, con il più grande specchio astronomico che abbia mai volato nello Spazio, nuovi sofisticati strumenti scientifici e uno schermo solare grande come un campo da tennis.

Lo specchio secondario del JWST in fase di test - © NASA/C. Gunn


Nello Spazio profondo, dove non esistono confini e tutto si disperde nell’infinito, c’è bisogno di una vista acuta, nitida. In un compito come quello affidato al telescopio JWST, tutto dipende dalla sua capacità di vedere, determinata da un sistema di specchi che si scambiano l’immagine.

Vi è uno specchio primario, concavo, del diametro di 6,5 metri, composto da 18 segmenti esagonali di berillio placcato in oro. Uno specchio secondario, verso il quale lo specchio primario converge il riflesso dei segnali, inviati poi a un terzo specchio posto nella struttura centrale, in cui si trovano anche la camera ottica e gli spettrografi. L’immagine viene poi stabilizzata da un quarto specchio, prima di raggiungere le lenti della camera ottica che catturerà l’immagine.

Scrutare nel buio per catturare l’invisibile

L’occhio del JWST scruterà gli angoli più remoti dello Spazio, perdendo lo sguardo tra galassie così distanti che, forse, sono solo l’ultimo bagliore di un ricordo, esplorando le prime fasi dell'universo 13 miliardi di anni fa, solo poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Più l’Universo si espande, più i segnali luminosi si fanno lenti e preziosi. Gli spettrografi del JWST sono stati progettati per osservare segnali infrarossi lontani miliardi di anni luce e per elaborarne informazioni complesse.

Leonardo ha contribuito a questo straordinario telescopio fornendo elementi chiave di uno strumento cruciale come il NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph), lo spettrografo a immagine nell’infrarosso di responsabilità dell’ESA.

Il Near Infrared Spectrograph (NIRSpec) - © NASA/Chris Gunn


Un componente per il quale Leonardo ha realizzato un sofisticato meccanismo criogenico di alta precisione, l’RMA (Refocusing Mechanism Assembly). Sviluppato per mettere perfettamente a fuoco la camera in orbita, l’RMA garantirà un’alta qualità d’immagine al NIRspec, lavorando a -234°C e spostando i suoi due specchi, anch’essi progettati e realizzati da Leonardo, un centesimo di millimetro alla volta, su di una corsa di soli 6 millimetri.

Per rendere il meccanismo all’altezza delle prestazioni richieste, è stato necessario utilizzare processi molto sfidanti. In particolare gli specchi dell’RMA sono stati lavorati con un processo estremamente accurato di lucidatura nello stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze) di Leonardo e successivamente sottoposti, nei laboratori di Merate (Lecco) dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera, ad una lavorazione di “levigatura ottica” finale affinché la forma raggiunta dalle superfici ottiche non si discosti più di qualche decina di atomi da quella suggerita da modelli e simulazioni.

In equilibrio tra le stelle

Il James Webb Telescope, a vederlo, ricorda un origami. Sapientemente ripiegato su sé stesso, ha dispiegato progressivamente i suoi componenti, dal lancio fino al raggiungimento dell’orbita Lagrange Point 2 (L2), per poi avviare il suo delicato compito di osservazione e, soprattutto, proteggersi dal calore del sole.

Proprio come un cigno di carta, il JWST è un gioiello tanto prezioso quanto delicato: un’elevata esposizione alla luce e al calore rischierebbe di interferire con i sistemi del telescopio e comprometterne la qualità dell’osservazione; al contempo, tuttavia, il telescopio necessita della luce solare per ottenere l’energia necessaria al suo funzionamento.

Per restare a riparo dal sole, il JWST è stato dotato di un sistema di 5 teli realizzati con un materiale speciale, il kapton, che riflettono la luce solare, minimizzando l’assorbimento di calore e caricando, al contempo, le riserve energetiche del telescopio.

© ESA/ATG medialab


Leonardo ha cooperato con NASA, ESA e CSA sviluppando tre sensori di assetto stellare (Autonomous Star tracker – A-STR) e due “sensori di sole” (Smart Sun Sensor – SSS), componenti chiave dell'Attitude Control Subsystem (ACS) del JWST. L'SSS si accende autonomamente durante la fase di lancio e salita ed è il sensore di assetto principale utilizzato dopo la separazione del veicolo di lancio. Fornisce dati di assetto essenziali per garantire l’integrità e la sicurezza del JWST, anche in caso di situazioni anomale.

 

I sensori d’assetto di Leonardo

 

~1.000

~1.000

sensori d’assetto realizzati e consegnati dagli anni ’70

>90

>90

programmi spaziali internazionali si orientano con sensori Leonardo

3

3

famiglie di sensori d’assetto (stellare, terrestre, solare)

3.000

3.000

stelle registrate nella memoria di un sensore d’assetto stellare

10

10

volte al secondo il calcolo dell’orientamento della sonda

Le unità A-STR si attivano invece poco dopo la separazione del veicolo di lancio e utilizzano le stelle per raccogliere dati sull'assetto. Gli A-STR forniscono tali dati durante le manovre di correzione di metà rotta per garantire l'arrivo del JWST all'orbita operativa, a oltre un milione di chilometri dalla Terra. Il corretto assetto determinato dall'A-STR supporta infine i sistemi del telescopio per fornire stabilità e precisione di puntamento necessarie per l’osservazione dello Spazio.

Il sensore d’assetto A-STR


Mentre James Webb terrà fisso il suo sguardo verso un orizzonte buio, noi resteremo con il naso verso l’alto, in attesa che nuove sensazionali informazioni rivoluzionino ciò che sappiamo sulla nascita dell’universo.

 

Il viaggio di JWST verso Ariane 5 (Video)